ottobre
2001
Chiunque siano e per quanto
terribili siano stati i loro crimini, nel
profondo dell'animo di ogni dittatore,
sterminatore o terrorista, cova il bambino
umiliato che sono stati un tempo, un bambino che
è sopravvissuto solo attraverso la completa e
assoluta negazione dei suoi sentimenti di
impotenza. Ma questa totale negazione della
sofferenza una volta stabilita crea un vuoto
interiore. Molte persone non svilupperanno mai
una normale capacità di compassione. Di
conseguenza hanno pochi scrupoli a distruggere la
vita umana, né quella degli altri né il vuoto
che si portano dietro dentro di loro. Dal mio
punto di vista, e sulla base delle ricerche che
ho fatto sulla storia dell'infanzia dei più
spietati dittatori, come Hitler, Stalin, Mao e
Ceausescu, il terrorismo in generale e i recenti
orribili attacchi aerei contro gli Stati Uniti,
sono tutte macabre ma precise dimostrazioni di
quello che accade a milioni e milioni di bambini
nel mondo in nome della buona educazione. E
sfortunatamente di fronte a loro la società
chiude gli occhi. L'orrore della violenza del
terrorismo è qualcosa che possiamo vedere sugli
schermi televisivi; l'orrore in cui crescono i
bambini molto raramente viene messo in mostra sui
mass media. Per cui molte persone non vengono
informate sulle principali cause dell'odio.
Speculano sulle ragioni politiche, religiose,
economiche o culturali ma con le speculazioni
brancolano nel buio perché le vere ragioni
devono rimanere oscurate: la repressione e il
conseguente diniego di quella rabbia precoce che
spesso scaturisce nell'odio di un numero infinito
di ideologie.
L'odio è odio e la rabbia è rabbia, sono gli
stessi sentimenti in ogni tempo e in ogni luogo
della terra, in Serbia, Rwanda o Afghanistan.
Sono sempre il frutto di emozioni molto forti,
reazioni a ferite alla propria dignità subite da
bambini, reazioni normali del corpo a cui non è
stato permesso di esprimersi in modo sicuro.
Nessuno viene al mondo con la volontà di
distruggere. Ogni neonato, indipendentemente
dalla cultura, religione e origine etnica ha
bisogno di amare e di essere amato, di essere
protetto e rispettato. Questo è il suo progetto
biologico. Se viene maltrattato attraverso
un'educazione crudele svilupperà un desiderio
molto forte di vendicarsi. Sarà portato a
distruggere gli altri o se stesso ma sempre e
solo per la sua storia personale e mai per
ragioni genetiche innate. L'idea dei geni
distruttivi è la versione moderna delle favole
che parlano del "figlio del diavolo"
che deve essere castigato per diventare gentile e
obbediente.
In queste terribili settimane, tutti abbiamo
sperimentato da adulti quello che molti bambini
subiscono ogni singolo giorno. Stanno in piedi
impotenti, senza parole e tremanti prima
dell'imprevedibile, incomprensibile, brutale e
indescrivibile violenza dei loro genitori, che si
vendicano inconsciamente delle sofferenze della
loro infanzia, sofferenze che non hanno mai
accettato perché anche loro hanno rinnegato la
loro vera esistenza. Ci basta solo ricordare i
nostri sentimenti dell'11 Settembre per avere una
vaga idea dell'intensità di quelle sofferenze.
Tutti noi siamo stati presi dal panico,
dall'orrore e dal terrore. Ma le connessioni tra
il terrorismo e l'infanzia sono ancora
difficilmente riconosciute. E' ora di prendere i
fatti seriamente.
Le statistiche dicono (Olivier Maurel, La
Fessée, Editions La Plage 2001) che oltre il 90%
delle persone che vivono al mondo sono fermamente
convinte che sia giusto picchiare i bambini per
il loro bene. Per quasi tutti noi che abbiamo
sopportato l'umiliazione che ci è stata inflitta
da questa mentalità, si tratta di una crudeltà
che abbiamo imparato a ritenere normale. Ma come
l'Olocausto e altre forme di disprezzo supremo
per la vita e per la dignità umana, gli ultimi
attacchi terroristici mostrano l'effetto del
sistema di valori in cui siamo cresciuti. Nella
prima infanzia abbiamo imparato a sopprimere il
dolore, ignorare la verità, e negare i
sentimenti di infinita impotenza e umiliazione
inflitti sui bambini piccoli dagli adulti in
cerca di potere.
Al contrario delle vecchie credenze, non veniamo
al mondo con un cervello del tutto sviluppato. Il
cervello si sviluppa pienamente solo nei primi
anni di vita. Le cose che si fanno a un bambino
in quel periodo, buone o cattive, lasciano una
traccia indelebile per tutta la vita. Il loro
cervello contiene la memoria fisica ed
emozionale, purtroppo non razionale, di tutto
quello che gli è capitato. Oggi possiamo vedere
sullo schermo di un computer le lesioni cerebrali
dei bambini maltrattati o gravemente trascurati.
Numerosi articoli scritti da specialisti del
cervello, in particolare Bruce D. Perry, hanno
messo in luce questi fatti. Se il bambino non ha
testimoni soccorrevoli a cui rivolgersi imparerà
a glorificare quello che gli è stato inflitto:
crudeltà, sadismo, ipocrisia e ignoranza. La
ragione semplice è che i bambini imparano per
imitazione, non dalle buone parole che sentiranno
negli anni successivi. Gli sterminatori, i serial
killer, i boss della mafia e i dittatori che sono
cresciuti senza testimoni soccorrevoli
infliggeranno, da soli o in connivenza, lo stesso
terrore su intere nazioni una volta che abbiano
il potere di farlo. E non faranno altro che
mettere in pratica ciò che hanno imparato
dall'esperienza quando erano bambini piccoli.
Sfortunatamente, molti di noi preferiscono non
vedere queste connessioni perché accettare
questo sapere ci costringerebbe a percepire il
dolore che avevamo dovuto reprimere tanto tempo
fa' senza possibilità di scelta. E così
rimaniamo fedeli alla strategia a cui facevamo
ricorso da piccoli, la strategia del diniego. Ma
gli ultimi eventi ci mostrano che è giunta l'ora
di aprire gli occhi. Dobbiamo crescere al di
fuori del vecchio metodo tradizionale inquadrati
in punizioni e ritorsioni, dobbiamo rifuggire
dalle reazioni che nascono dall'odio cieco.
Naturalmente non possiamo trascurare la nostra
sicurezza. Ma le telecamere nelle scuole non
proteggeranno nessuno finché non saranno puntate
laddove nasce la violenza.
Secondo un indagine che ho condotto in Francia
nel 2001, a 89 madri su 100 è stato chiesto a
quale età hanno 'dovuto picchiare' i loro
bambini per la prima volta e l'età media era di
1,8 anni. L'11% non riusciva a ricordare l'età
esatta, ma nessuna madre ha detto di non aver mai
picchiato suo figlio. Questo quadro ci informa
con una chiarezza inquietante dove e quando i
bambini imparano la violenza che mostrano a
scuola e in seguito sulla scena politica. Molte
grandi e costose conferenze sulla violenza e le
sue origini non sarebbero più necessarie se
smettessimo di negare questa verità. I fatti
parlano chiaro solo se ci decidiamo a guardarli
in faccia.
Dobbiamo addentraci nella ricerca di diverse
forme di comunicazione rispetto a quelle che ci
hanno inculcato nell'infanzia, forme basate sul
rispetto reciproco piuttosto che sul desiderio di
infliggere nuove umiliazioni attraverso le
punizioni. Le persone cresciute in famiglie dove
regnava un totalitarismo punitivo conoscono solo
il linguaggio della guerra, e imporranno questo
linguaggio agli altri costringendoli a difendersi
in qualunque modo. Ma questa è una storia
infinita. Come sappiamo siamo facilmente in grado
di sterminare migliaia di persone, addirittura
intere nazioni, ma non possiamo sterminare gli
effetti disastrosi delle umiliazioni inflitte sui
bambini piccoli dai loro genitori. Quelle
umiliazioni torneranno indietro colpendo l'intera
società come sta succedendo oggi.
E' ora di svegliarci da questo lungo sonno. Da
adulti non siamo più minacciati dallo stesso
pericolo distruttivo che molti di noi hanno
affrontato da piccoli e che ci paralizzava con la
paura portandoci alla rimozione. Solo da piccoli
dovevamo rimuovere i fatti per sopravvivere. Da
adulti possiamo non ignorare il sapere
immagazzinato nel nostro corpo e possiamo
riuscire a cogliere e a capire in modo autentico
le vere ragioni dietro il nostro agire. E la
conoscenza autentica della nostra storia
personale può liberarci dalla necessità di
tornare a usare futili strategie e rimanere
emotivamente ciechi. Oggi abbiamo la possibilità
di guardarci intorno, di imparare
dall'esperienza, e di cercare soluzioni nuove e
creative per risolvere i conflitti. Anche se non
abbiamo mai imparato a fidarci di una
comunicazione rispettosa, non è mai troppo tardi
per superare questa carenza e liberarci
dall'autoinganno.
Oggi i mezzi tecnici di sfogare l'odio, scaricare
la rabbia a lungo accumulata e compressa per
dirigerla verso persone innocenti continuano a
crescere molto velocemente. Molte di queste
tecniche di distruzione di massa sono a
disposizione di dittatori folli e avidi di
potere, spinti a vendicarsi su intere nazioni per
le umiliazioni subite quando erano bambini. Per
proteggere il mondo abbiamo bisogno una volta per
tutte che siano proibite in tutto il mondo le
percosse, le ferite e altri comportamenti crudeli
sui figli da parte dei genitori e di coloro che
hanno potere su di loro. I bambini devono
assolutamente essere protetti durante lo sviluppo
del loro cervello così malleabile e facilmente
danneggiabile. Dobbiamo trovare il coraggio di
guardarci dentro e confrontarci con le fonti
dell'orrore. Dobbiamo diffondere questa
conoscenza attraverso qualunque mezzo
disponibile, la consapevolezza che con
l'umiliazione dei bambini creiamo inevitabilmente
del terreno fertile per la violenza.
Una nuova legislazione che protegga l'infanzia
dalla violenza domestica, come quella che ha
fatto diminuire drasticamente la violenza in
Svezia, porterà senza dubbio a una cambiamento
epocale della società, se non immediatamente,
sicuramente nell'arco di 20 anni quando i bambini
che non sono mai stati picchiati diventeranno
adulti e non avranno più interesse a provocare
guerre.
The
Forbidden Issue © Alice Miller
Vedi anche Project NoSpank
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