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I traumi infantili
di Alice Miller

Finché li amiamo i bambini possono guarire dagli abusi subiti e addirittura dagli orrori della guerra.

4 giugno 1999

Non veniamo al mondo come una tabula rasa. Ogni neonato arriva con una storia tutta sua, la storia dei nove mesi trascorsi dalla concepimento alla nascita. Inoltre i figli ereditano caratteristiche genetiche dai loro genitori. Questi fattori possono contribuire a determinare l'indole di un bambino, le sue inclinazioni, le sue doti e predisposizioni.
Ma il carattere dipenderà decisamente dal modo in cui una persona ha ricevuto amore, protezione, tenerezza e comprensione oppure rifiuto, freddezza, indifferenza e crudeltà nei primi anni formativi. Lo stimolo indispensabile per sviluppare la capacità di empatia, diciamo, è l'esperienza di cure amorevoli. Se queste cure vengono meno, se si costringe un bambino a crescere trascurato, emotivamente deprivato e sottoposto ad abusi fisici, il bambino sarà confiscato di questa sua capacità innata. Quando attribuisco un significato immenso alle esperienze dei neonati nei loro primi giorni, settimane e mesi di vita per spiegare il loro comportamento successivo, non intendo dire che i condizionamenti successivi siano del tutto ininfluenti. Piuttosto se un bambino traumatizzato o abbandonato incontrerà in seguito quello che io chiamo un 'testimone consapevole' o 'illuminato', potrà affrontare positivamente le conseguenze di quei traumi infantili.
Oggi sappiamo che il cervello con cui nasciamo non è quel prodotto finito che si pensava una volta. La struttura del cervello dipende moltissimo dalle esperienze delle prime ore, giorni e settimane di vita di una persona. Negli ultimi anni gli studi scientifici condotti dal neuropsichiatra infantile Bruce Perry hanno ulteriormente stabilito che i bambini traumatizzati e trascurati mostrano lesioni gravi che colpiscono fino al 30% di quelle aree del cervello che controllano le nostre emozioni. I traumi gravi inflitti ai bambini comportano un aumento di ormoni da stress che distruggono i neuroni esistenti appena formati e le loro interconnessioni. Da queste ultime scoperte sul cervello umano ci si aspetterebbe un radicale cambiamento di rotta nel modo di pensare e di trattare i nostri figli. Ma le vecchie abitudini sono dure a morire. Oggi molti ritengono che ci vogliano almeno due generazioni prima che i nuovi genitori si liberino del fardello dell'antica 'saggezza' e smettano di picchiare i loro bambini, due generazioni fino al giorno in cui sarà semplicemente impossibile dare 'involontariamente' uno schiaffo al proprio figlio, due generazioni prima che il peso delle nuove conoscenze acquisite arresti la mano alzata dall'arrabbiatura 'incosciente'.
Ci confrontiamo spesso con la credenza secondo cui le punizioni corporali sarebbero salutari invece che deleterie. Ma i bambini picchiati imparano solo ad aver paura dei loro genitori, non a guidare con prudenza e a non mettersi nei guai. Si sentiranno anche colpevoli e impareranno a minimizzare il loro dolore. Essendo indifesi per respingere le aggressioni fisiche che subiscono, si instilla nei bambini una mera, ovvia e 'istintiva' convinzione di non meritare nessuna protezione e rispetto. Questo messaggio falso sarà impresso nel corpo dei bambini come informazione e condizionerà la loro visione del mondo e il successivo atteggiamento verso i loro stessi figli. Questi bambini non saranno in grado di difendere il loro diritto alla dignità umana, essendo incapaci di riconoscere nel dolore fisico un segnale di pericolo e agire di conseguenza. Anche il loro sistema immunitario può essere colpito.
In assenza di altre persone e modelli di comportamento, testimoni consapevoli e illuminati, questi bambini vedranno nel linguaggio della violenza e dell'ipocrisia il solo mezzo efficace di comunicazione. Abbastanza logicamente da grandi si serviranno loro stessi di quel linguaggio perché gli adulti normalmente scelgono di mantenere repressi i sentimenti di impotenza.
I traumi subiti dai bambini nel Kosovo si possono superare se quei bambini ricevono la dovuta attenzione dei loro genitori o, in assenza dei genitori, di un altro adulto. Questi bambini hanno bisogno di sapere che qualcuno li ama e comprende le loro paure. La guerra, un trauma condiviso da un'intera comunità, non porta un bambino a sviluppare comportamenti distruttivi se può condividere i suoi sentimenti con qualcuno. Ciò che in seguito rende pericolosa una persona è l'isolamento nel dolore e nella paura, se i genitori e gli altri assistenti sociali non sono capaci di vedere e comprendere quanto un bambino si sente male. I genitori dei bambini kosovari capiscono perfettamente l'angoscia dei loro figli e possono cercare di aiutarli perché anche loro provano lo stesso dolore. Infatti sembra che il mondo intero desideri aiutarli; tutti sono consapevoli dei loro traumi. Dall'altra parte l'isolamento di un neonato che soffre nella sua famiglia può lasciare tracce nel cervello che saranno connesse a un successivo comportamento aggressivo e violento.
Il rispetto e la tutela dei bisogni di un bambino sono cose che dovremmo dare per scontate. Ma questo traguardo è ancora lontano. Viviamo in un mondo popolato da individui che sono cresciuti privati dei loro diritti e del loro rispetto. Da adulti cercano di riguadagnare quei diritti con la forza (ricatti, minacce, uso di armi). La società pare considerare l'odio come un sentimento innato, vale a dire dato da Dio. E' una società che si rifiuta di prendere atto che continuiamo a produrre odio inculcando modelli di violenza nei nostri figli, schemi di comportamento che si rivelano più forti di quanto possano mai imparare in uno stadio successivo.
L'ONU ha dichiarato gli anni dal 2000 al 2010 il decennio della cultura della non violenza. Questo non si può ottenere solo con belle parole. Dobbiamo dare degli esempi ai nostri figli, coloro che decideranno il modo come saranno le nuove generazioni e mostrare loro che è possibile coesistere e comunicare senza violenza. Credo che ci siano un gran numero di genitori che sono già consapevoli delle conseguenze a lungo termine del loro comportamento. E' realistico sperare che questa conoscenza porti a un aumento dei testimoni consapevoli e da qui a un rapido miglioramento nel modo di trattare i bambini ovunque.

The Forbidden Issue © Alice Miller

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